“Io, Nicola Cappella, dedico la mia prima mostra fotografica a mia madre e mi racconto” | Termoli

Tempo di lettura 5′ – di Maria Vasco –

Immagini disegnate dalla luce: albe, tramonti, paesaggi notturni e fuochi d’artificio rappresentati come stati d’animo, attimi di vita raccolti e raccontati da Nicola Cappella, fotografo amatoriale che ha visto crescere sin da bambino la sua passione per la fotografia.

Una scoperta che lo ha letteralmente illuminato quando, ancora adolescente, si stupiva davanti alle immagini in bianco e nero che “apparivano” come per magia sopra un foglio di carta bianca nella penombra di una camera oscura. Un’illuminazione che non lo ha più abbandonato e che d’allora lo ha accompagnato nei suoi viaggi in giro per l’Italia e durante numerosi concerti di caratura nazionale e internazionale a cui ha partecipato. Macchina fotografica al collo e tanta curiosità sono le sue fedeli compagne di viaggio mentre una profonda sensibilità la sua guida interiore. Lo sguardo è eloquente, intenso e trapela tanta voglia di raccontarsi. Il messaggio è forte e chiaro, Nicola Cappella lascia intendere quanto sia meraviglioso per lui questo pianeta e come attraverso la fotografia anche le persone possono riconoscersi in una serena condivisione.

Originario di Termoli, solare cittadina molisana sull’Adriatico, Nicola della sua città conosce bene vicoli e periferie, consuetudini e tendenze. E si parte con la sua prima mostra intitolata “Raccontiamoci” dal 9 al 10 aprile 2022 proprio da qui, da Termoli, in una location storica per eccellenza, il Castello Svevo nel caratteristico borgo marinaro. Me ne parla più da vicino, sotto un cielo terso e davanti ad una tazza di caffè sul lungo mare Nord.

Nelle sue fotografie Nicola descrive se stesso e si percepisce subito il suo desiderio incontenibile di “raccontare”, ma il cuore dell’incontro sta nell’espressione in cui si riconosce immediatamente: “ogni fotografia ha la sua storia”.


Nicola, innanzitutto raccontaci di te. Ho tante passioni, sono appassionato di musica, sono un tifoso di calcio, mi piace relazionarmi con le persone, ma soprattutto mi definisco un sentimentale nel senso che mi piace riflettere, provare emozioni. Per me l’emozione è tutto, bella o brutta che sia l’emozione ci fa vivere. L’ho provata nella musica, sotto i palchi dei concerti dove anche cantare con un estraneo mi ha dato emozioni. C’è tanto romanticismo in questi semplici gesti perché ogni forma d’arte ti fa volare e ti fa viaggiare. Amo il viaggio anche per questo, stare davanti al finestrino di un aereo o di un treno dove i pensieri vanno, viaggiano anche loro. La fotografia è una forma d’arte, secondo me l’emozione per antonomasia è proprio quella dello scatto. Ecco vorrei definirmi così e voglio sottolineare il fatto che non c’è nessuna forma di presunzione in questa mostra o di auto-glorificazione per aver vinto un concorso fotografico. La mostra per me è un modo per incontrarsi e condividere emozioni perché credo che molte persone che scattano anche in modo amatoriale abbiano la propria esperienza da raccontare.

Hai partecipato a concorsi fotografici ? Due concorsi entrambi a Termoli e li ho vinti tra cui “La Termoli che mi piace”. Vabbè sarà stato un caso…

Che cos’è per te la fotografia? Pur non avendo una formazione classica, apprendo che fotografare è una parola che deriva dal greco e vuol dire “scrivere con la luce”. Per me la fotografia è una scrittura, un racconto appunto. Su questa premessa posso affermare che la fotografia è un racconto di me, magari non sarà perfetta perché non esiste una fotografia perfetta. Riconosco che le fotografie possono avere dei limiti come per esempio un contrasto, una luce sbagliata, un difetto anche di post produzione (che io faccio volentieri anche se in maniera oculata per dare un effetto un po’ pittorico alla fotografia), però appunto sono come me. Nel raccontare la fotografia io racconto me stesso perché anch’io sono pieno di difetti, ma tutto questo deve trasparire. Resto sempre una persona piena di sensibilità, piena di amore e con i suoi limiti come tutti. La mia è una fotografia che rappresenta tutto questo: deve essere imperfetta perché sono imperfetto io, ma nello stesso tempo deve manifestare amore e calore. Questa è la fotografia per me ed ha come scopo il racconto di se stessi.

Un modo per mettere in mostra l’imperfezione? appunto, per questo metto in mostra le mie foto: io sono questo e c’è correlazione con esse, non mi vergogno di mostrare i miei difetti, gli stessi con cui mi relaziono al mondo tutti i giorni. Metto in mostra i miei limiti così come metto in mostra le mie foto, però sono qui, e spero siano piene di amore.

Come nasce la mostra “Raccontiamoci” di Nicola Cappella? Nasce dall’idea di condivisione e di parlare di fotografia con la gente. A me piace parlare di fotografia. Non si tratta solo di una classica esposizione fotografica, ma del desiderio di incontrarsi e di raccontarsi tra persone attraverso la fotografia. Mi rendo conto che non tutti la pensano allo stesso modo e che ognuno ha la propria unicità ed è proprio per questo che mi presento senza etichette. Voglio che le mie fotografie arrivino al pubblico, nient’altro. Non mi interessa tramite chi, voglio che arrivino a tutti, amatori, professionisti, amici e turisti e che ci si possa davvero incontrare per fare due chiacchiere, una cosa bellissima soprattutto in questo particolare momento di incertezze.

Oltre che nella mostra al Castello Svevo di Termoli dove possiamo ammirare le tue foto? Le mie fotografie sono tutte pubblicate sul mio profilo Instagram, aperto e visibile a tutti.

Come coltivi la tua passione per la fotografia? Faccio molti scatti come albe, tramonti e notturne che sono le mie preferite e che mi appassionano tantissimo, ma continuo a studiare, seguo corsi specializzati, compro anche molti libri, studio da autodidatta e sto creando per me una bella e corposa biblioteca fotografica.

Se c’è chi ti ispira, ce ne vuoi parlare? Sì sono diverse le fonti ispiratrici. Comincio col dire che ho conosciuto un professionista fotografo di La Spezia sulla cui pagina social avevo fatto l’iscrizione. Quando nel 2018 ha organizzato un workshop fotografico in Molise a Campobasso ho subito sentito di parteciparvi per conoscerlo.

In cosa ti ha ispirato? Si chiama Matteo Bertetto, pensa… un professionista della fotografia che, prima di fare questa scelta, lavorava nell’ambito della grande distribuzione. Poi la sua passione era diventata così importante che alla fine è riuscito a farne un lavoro e adesso fa il fotografo a tempo pieno! Sì mi ha ispirato, ovviamente è dotato di attrezzature sofisticate e costose, inoltre esce quando vuole… io invece devo ritagliare i tempi con il mio lavoro.

Da quali altri fotografi ti senti ispirato? Premesso che il digitale ha battuto di molto i costi, non posso nascondere che sono affascinato dai fotografi del passato. Ritengo tuttora che i più grandi paesaggisti della storia della fotografia siano i fotografi del passato che trattavano solo l’analogico. Noi oggi abbiamo photoshop, loro lavoravano in camera oscura, dunque la post-produzione c’è sempre stata, ma con modalità e strumenti diversi come pennelli, matite e colori. Quasi ancora uno strascico della pittura. E sono venuti fuori dei gran bei lavori. Mi riferisco in particolare al grande fotografo americano Ansel Adams del secolo scorso che ha scritto anche dei manuali sulla tecnica della fotografia. Ancora oggi le sue foto sono di un’attualità “tecnica” incredibile ed è difficile immaginare che siano state fatte con mezzi rudimentali.

E gli si illuminano gli occhi quando comincia a parlare di Sebastiao Salgado

Hai detto “ogni fotografia ha la sua storia”. Cosa intendi? Certo, come dicevo prima per me la foto è una scrittura, un racconto appunto e qui ora faccio una citazione che può essere utile poiché ci ricollega ad un altro grande fotografo che ammiro tantissimo, non è un paesaggista, ma un reporter fotografico ancora in vita, il brasiliano Sebastiao Salgado. Un artista immenso, impazzirei se lo vedessi e farei di tutto per poterlo incontrare. Lui dice che quando facciamo una foto, se la foto non racconta nulla non avremo fatto una foto al soggetto, avremo fatto una rappresentazione del soggetto, così fatta la foto è solo una nuda rappresentazione e non un racconto.

Tu condividi questa idea? Per me è bibbia, infatti molte sono le foto da me realizzate, ma che non ho mai pubblicato poiché a mio parere non dicono nulla. Anche con una grande passione sempre accesa, se nella fotografia non c’è ispirazione non la porti a casa, tanto è vero che molte volte esco, ma non ne scatto nemmeno una.

La fotografia che tu ritieni non possa dire nulla potrebbe invece ispirare e comunicare qualcosa all’osservatore. Che ne pensi? Dico sempre questo: interpretatela come volete, fatela vostra. Per ogni fotografia che andrò ad esporre sarò disposto a mettermi a nudo, a raccontare come è nata, a descrivere tutte le emozioni da cui è scaturita e che mi ha suscitato, però poi ognuno è giusto che ne prenda il bello e che possa interpretarla secondo il proprio punto di osservazione.

Che cos’è la competizione secondo te? Competizione per me è sempre stata una parola bruttina, il concetto di gara e di competizione può non rendere limpido il rapporto tra le persone. D’accordo quando si tratta di una gara sportiva, ma durante tutte le iniziative della vita non riesco a concepirla. Il talento va riconosciuto in ognuno di noi. Infatti il termine che utilizzo sempre è “condivisione” ovvero ognuno può mettere a disposizione quello che sa fare e a modo proprio può apprende anche qualcos’altro. La diversità è sempre un riconoscimento.

Sulla tua pagina social ti presenti con delle “dirette”. Cosa ti spinge a farlo? La prima volta mi sono detto: voglio fare questa diretta per raccontare un po’ di episodi… e volevo parlare della genesi delle cose, di come erano nate, e quindi, resomi conto che era andata benissimo, mi sono convinto che fare una mostra anche per me stesso mi avrebbe permesso di parlare con la gente più da vicino ora che il covid si è un po’ più allentato. A me piace parlare con le persone, fare due chiacchiere informali, spiegare come sono nate le mie foto, cosa ci metto di mio, perché per me la foto – e insisto nel dirlo – è un racconto e come io racconto me stesso con la foto.

Ti definiresti un fotografo? In questo senso mi sento un po’ “borderline”, non mi ritengo un fotografo professionista, ma nemmeno l’ultimo arrivato. Io mi definisco uno studioso, non un professionista e non un amatoriale, direi semplicemente un appassionato in primis.

Ti ritieni una persona sensibile? Eh sì, sì! Penso che per chi ami certe forme d’arte lo si è o lo si diventa.

Potresti descrivere un difetto della città di Termoli ed un suo pregio? E’ molto bello per me il concetto di condivisione, ho sempre cercato di coinvolgere persone nel mio settore per fare delle uscite fotografiche, albe e tramonti insieme. Anche quando sembrano non esserci buoni rapporti, mi piace pensare ad un punto di incontro grazie proprio alla fotografia come collante. Purtroppo riscontro che a Termoli manca proprio la voglia di condividere (sic!). Il pregio di Termoli? Io scatto da tanti anni a Termoli e dico che c’è sempre qualcosa di bello da fotografare e non ce ne rendiamo conto. Anche racchiusi in quel piccolo borgo vecchio che si gira in due minuti c’è sempre qualcosina da scattare. Mi sono ritrovato a fotografare tante albe e tramonti in giro per l’Italia, ma posso dire che il tipo di luce che riflette su Termoli – proprio a livello di composizione per il modo in cui arriva ad illuminare quel castello piuttosto che un vicoletto – è davvero singolare. Quando si coglie quella “giusta” luce vengono fuori dei capolavori. Sono momenti che durano anche solo un attimo perché come sai bene la luce cambia ogni istante, per quello la missione del fotografo è anche quella di immortalare. Quindi da un punto di vista fotografico, il pregio di Termoli è la sua luce, quel tipo di luce che credo abbia solo Termoli.

Progetti per il futuro? Tengo a dire una cosa a proposito di questo… purtroppo in questa mostra non c’è stato spazio per organizzarlo, ma in futuro vorrei farlo: io in realtà fotografo molto ai concerti poiché sono appassionato di musica. Ho assistito a grandi e numerosi concerti in vita mia fotografando artisti sul palco e imparando a seguire i ritmi della musica in sincronia con le luci, oltretutto cercando sempre di stare nelle prime file. Per questo ho raccolto un bel po’ di materiale fotografico su un tema che vorrò sicuramente esporre in futuro.

Cos’altro vuoi aggiungere al pubblico che ora ti sta leggendo e che verrà a trovarti personalmente alla mostra? Mi piace utilizzare sempre questo termine: “racconto”. Per me la fotografia è racconto, ma perché utilizzo il termine racconto? Perché non esiste verbo come “raccontare” più caloroso e rassicurante. Sin da piccoli, quando sentiamo il termine “raccontare” pensiamo al nonno e alla nonna che ci raccontavano la fiaba, di noi bambini che stavamo seduti ad ascoltare magari un programma in Tv e si cominciava così a navigare anche un po’ con la mente e la fantasia.  E’ un termine, tengo a dirlo, accogliente e rassicurante tanto che ho voluto riportarlo nel titolo della mostra: “Raccontiamoci”. Ricordo che quando a gennaio 2021 feci  la foto del lungomare Nord di Termoli, che vinse poi il primo premio del Concorso “La Termoli che mi piace”, eravamo in piena zona rossa per il covid e purtroppo avevo mia mamma che stava poco bene…  poi da lì a un mese ci ha lasciato. Io mi ero ritagliato quel pochino di tempo per scattare, ho fatto quella foto colpito dall’energia di quel tramonto e pensavo: da qui vedo il nord, da qui vedo tanti ricordi, vedo Pescara che è più vicina, per me la città per antonomasia, anche per andare a Roma passiamo di là. In questo tramonto voglio vederci un po’ di speranza, voglio vederci qualcosa di bello, queste luci, questo gioco di sfumature con veduta su un mondo che non possiamo raggiungere… Adesso da qui io intravedo quello che per me è stato importante, quelle terre e quegli orizzonti a me cari e inaccessibili. La foto deve raccontare qualcosa di bello che può essere il sentimento ed io vi ho messo anche molto del mio dramma personale, quello dell’anno scorso in cui è scomparsa mia mamma. In un certo senso quando vado a scattare mi ricordo di lei e delle volte che si complimentava di quell’alba o di quel tramonto, è come se in quelle vastità del cielo che ogni volta mi sorprende perdo il mio pensiero. Io ci vedo questo e racconto questo. In un certo senso questa mostra è dedicata a lei.


Mostra fotografica “RACCONTIAMOCI” di Nicola Cappella, fotografo amatoriale paesaggista, vincitore del premio del concorso fotografico “LA TERMOLI CHE MI PIACE”.

9 e 10 aprile 2022 – Dalle ore 9:00 alle ore 22:00 – Castello Svevo – Termoli CB MOLISE TALIA | Ingresso gratuito

Infinito Amore, Infinita Gratitudine e Infinita Intelligenza


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